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Per fare la pizza che farina scelgo? E per un semplice dolce? Sugli scaffali la scelta è ampia, ricca di prodotti più o meno specifici per una determinata destinazione d’uso. Accanto alla classica farina 00, troviamo la Manitoba, accanto a quella che indica per tutti gli usi, troviamo quella che specifica per pizza, focaccia e pan brioche. Come orientarsi nella scelta?
La farina non è tutta uguale ma ha caratteristiche diverse a seconda del cereale da cui è ottenuta, delle sue peculiarità genetiche, dal grado di raffinazione. Noi abbiamo preso in considerazione la farina di frumento, ma quello della farina è un vero e proprio mondo tutto da scoprire.
vai al test sulla farina
La farina più diffusa è quella ottenuta dalla macinazione del grano tenero (o frumento) e i cui usi in cucina sono innumerevoli, sia in impasti dolci che salati. Dalla macinazione del grano duro (o frumento di grano duro), invece, si ottiene la semola, che può essere usata per impastare pane o pizza ma che viene usata soprattutto per fare la pasta.
Il frumento di grano tenero è il cereale più coltivato e quindi più diffuso: la farina che si ricava è quella più ricca in glutine, sostanza proteica importante per la lievitazione degli impasti. Il glutine, infatti, è una sorta di maglia all’interno dell’impasto, che ha la funzione di trattenere il gas che si sviluppa durante la lievitazione. Discorso analogo vale per la semola, dove il glutine serve a ottenere una pasta di buona qualità.
Oltre alla classica farina 00, esiste anche la farina 0, la farina 1, la farina 2 e quella integrale. Troviamo queste denominazioni indicate in etichetta. Questa è la classificazione che fa la legge attribuendo a ciascuna tipologia determinati parametri. Ma che differenza c’è tra questi diversi tipi di farina? Per capirlo dobbiamo vedere il procedimento con cui si ottiene la farina.
Per ottenere la farina il chicco di frumento viene macinato. Oltre al processo di macinazione, c’è quello di abburattamento (anche detto raffinazione), ossia il procedimento di separazione della parte più interna del chicco, quella più ricca di amido, dalla parte più esterna, la crusca. In base al grado di abburattamento si distingue la farina 00 (la più raffinata), la farina 0, la farina 1, la farina 2 e quella integrale, ottenuta dalla macinazione dell’intero chicco di farina.
Oltre alla classificazione legata alla legge, le farine si distinguono anche per altre caratteristiche misurabili con appositi strumenti e che sono importanti per destinare la farina al giusto utilizzo. Tra queste caratteristiche c’è la forza della farina, cioè la capacità dell’impasto a resistere all’aria che si forma durante la lievitazione. Può essere diversa da una farina all’altra e influisce sul risultato finale del prodotto che si vuole ottenere. La forza è indicata con la lettera W, ma sono pochi i prodotti sui cui è riportata questa informazione in etichetta. Più un prodotto richiede lievitazioni lunghe più serve una farina con un W elevato, in modo da trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione dei lieviti. Una farina forte ha indicativamente un W tra 250 e 320.
Dal momento che la forza e i suoi valori sono praticamente sconosciuti a molti consumatori, sono pochi i prodotti sui cui la troviamo indicata in etichetta. Molte volte, invece, ci sono indicazioni esplicite da parte del produttore come ad esempio farina per pizza, per focaccia: non sono semplicemente slogan ma dovrebbero rispecchiare precise caratteristiche per un uso ideale della farina.
Le farine di frumento derivano dal cereale da cui prendono il nome, indicazione che troviamo in etichetta quando le acquistiamo. Sono le più versatili, sia che si tratti di prodotti raffinati che di quelli meno raffinati. Ne esistono di diverse tipologie, ma quali sono le differenze? A cosa sono adatte? Ecco quali sono le principali farine di frumento e in quali casi si possono usare.
Composta di grano tenero, è la farina più diffusa, più raffinata e maggiormente prodotta. Nasce dal processo di macinazione della parte più interna del chicco di frumento, che è ricca di amido e povera di fibre e proteine. È adatta sia per impasti dolci che salati. Se la quantità e la qualità del glutine è buona va bene anche per impasti a lunga lievitazione come pane, pizza o pan brioche. A questo proposito, possiamo trovare in etichetta specifiche indicazioni d’uso.
Leggermente meno raffinata della farina 00, ha un contenuto proteico leggermente superiore. Più adatta a prodotti a lenta lievitazione (con lievito di birra o con lievito madre).
Queste due denominazioni, insieme alle denominazioni 00 e 0, rientrano in una classificazione definita dalla legge secondo alcuni parametri chimici (umidità, glutine, cellulosa e ceneri) legati al diverso grado di raffinazione che il frumento subisce nel processo di trasformazione da chicco in farina. La farina 00 è la più raffinata, la farina di tipo 2 è meno raffinata. Le farine poco raffinate sono ottimali per impastare pane o pizza.
Chiamata anche farina americana, si intende una farina con una forza elevata (superiore a 300 W). Generalmente si tratta di farina di tipo 0, ma esiste anche la versione integrale. Il nome deriva da una regione del Canada, Manitoba, da dove provengono delle particolari varietà di frumento di grano: queste si coltivano oggi anche in Europa. Si tratta di una farina particolarmente adatta per impasti che devono essere lavorati molto e soprattutto sottoposti a lunghe lievitazioni, per i quali serve una maglia glutinica forte per evitare che l’impasto si sgonfi.
La farina Manitoba è meno adatta per impasti da torta “classica” contenenti lievito chimico, che aumentano di volume solo durante la cottura con lo sviluppo di anidride carbonica. Può essere utilizzata da sola oppure miscelata ad altre farine.
Si ottiene dalla macinazione dell’intero chicco di frumento compreso il germe, ricco di sostanze nutritive, e la crusca, ossia la parte più ricca di fibra. A seconda dei gusti può essere usata da sola o miscelata a farina bianca.
Ottenuta a partire da frumento di grano duro, si caratterizza per l’elevato contenuto di proteine. Poiché è in grado di assorbire una grande quantità di acqua, consente sia una maggiore resa produttiva di pane sia una maggiore durata del prodotto, rallentando il processo di indurimento (raffermamento).
La farina si conserva in luogo fresco e asciutto. Un consiglio, una volta aperta la confezione: travasare la farina in un recipiente chiuso ermeticamente perché in questo modo si conserva l’umidità ottimale. Se la farina è conservata in un ambiente troppo umido, per esempio, finirebbe con l’assorbire umidità alterando così le sue caratteristiche e la resa in fase di lavorazione.
Inoltre, le farine sono terreno favorevole allo sviluppo della Plodia interpunctella, la classica farfallina della farina, infestante “naturale” (nel senso di comune), ma fastidioso. La conservazione in ambiente chiuso permette una rapida individuazione dell’infestazione in corso e soprattutto evita una sua diffusione ad altri alimenti attraverso lo svolazzare per gli armadietti della cucina.
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